Direttiva su pratiche sleali non è caccia alle streghe
Vogliamo tutelare consumatori e produttori a cui vanno le briciole dei guadagni
In Europa non è più in discussione la necessità di avere al più presto, entro questa legislatura, una direttiva che identifichi e vieti le pratiche sleali nella catena alimentare: non si tratta di una caccia alle streghe contro alcune categorie ma un atto di difesa per gli anelli più deboli della filiera, gli agricoltori e i consumatori.Da anni attendiamo questo momento affinché dalla terra alla tavola la filiera diventi più efficiente e trasparente per garantire una distribuzione equa del valore aggiunto del cibo. Su questa line appare anche il Ministero delle politiche agricole con l’intervento di Stefano Vaccari, capo del dipartimento repressioni e frodi, all’audizione a Montecitorio. E’ nell’interesse del consumatore poter contare sulla qualità di un prodotto senza temere il ricorso al deplorevole caporalato e allo sfruttamento della manodopera. Ma per questo anche gli agricoltori vanno aiutati, non si può lasciare loro i rischi della produzioni e le briciole dei guadagni. In Italia la legge in vigore contro le pratiche sleali è scritta bene ma la norma d’applicazione ne frena gli effetti. Basti pensare che a differenza di quanto avviene in Francia, Spagna o Regno Unito, un solo caso sulle pratiche sleali è stato aperto in Italia dall’autorità della concorrenza rispetto al numero di ricorsi che si contano sulle dita di una mano.